L’Italia inizia il torneo di Amburgo con una sconfitta contro la Serbia. La partita ha tuttavia lasciato indicazioni che vanno oltre il risultato e decisamente positive. Come nel caso della prima gara con la Francia, è doveroso ricordare che si tratta di un’amichevole. Ma gli uomini di Pozzecco hanno dimostrato di poter non solo tenere testa a una squadra come la Serbia, ma anche di poter condurre gran parte del match. Nel finale a deciderla è però il talento della Serbia, che volendo può corrispondere anche ad un solo nome: Nikola Jokic. Ecco la nostra analisi dei punti chiave della gara di ieri sera.
L’importanza di Nicolò Melli
In questa partita si è evidenziato quanto Nicolò Melli sia importante per gli Azzurri. Non che prima non si sapesse, anzi. Anche nelle precedenti due uscite l’NBA era infatti stato un perno fondamentale del sistema costruito da Pozzecco. Ieri sera, tuttavia, si è visto anche un Melli molto attivo e partecipe in attacco soprattutto nel primo tempo. Nei primi 20 minuti, il suo playmaking e il suo straordinario senso della posizione hanno infatti colto impreparati i giocatori della Serbia. Il giocatore dell’Olimpia è stato bravo a saper sfruttare anche alcune situazioni di alto-basso che si sono venute a creare, così come l’efficacia del suo tiro lo ha aiutato ad entrare sempre più in partita. Inutile invece rimarcare la sua importanza in difesa, anche su avversari molto più prestanti fisicamente come Milutinov e Jokic. Nelle loro situazioni di post, Melli infatti è stato ottimo nel contenere finché possibile i loro movimenti per poi mandarli in pasto ad altri due uomini italiani disposti in area. L’unico punto interrogativo, che però non riguarda direttamente Nicolò, è quanto sia giusto averlo lasciato in campo per più di 30 minuti in un’amichevole. Minutaggio obbligato per i problemi di falli di Polonara, ma davvero così necessario?
Attacco in forma, difesa meno
L’Italia vista nei primi due quarti di gioco è sicuramente la migliore versione osservata fino ad ora, almeno in attacco. Parlano chiaro i 54 punti realizzati a fine primo tempo. I ragazzi di Pozzecco, sfruttando anche molte disattenzioni degli avversari, sono riusciti a infiltrarsi nell’area serba con costanza per poi trovare scarichi e soluzioni fuori dall’area dei tre punti. Nei restanti 20 minuti poi la musica è cambiata con il cambio di atteggiamento della squadra di Pesic, ma l’Italia ha dimostrato di avere bocche da fuoco niente male se messa in moto nella maniera giusta. Meno positivo il lato difensivo, in cui gli Azzurri spesso hanno difettato a livello di comunicazione. Troppo spesso un esterno italiano si è fatto trovare impreparato sul blocco di un lungo avversario, difettando poi nella comunicazione con i propri compagni per recuperare alla situazione.
L’aggressività dell’Italia
Un lato dell’Italia che non si era mai visto fino ad ora era l’aggressività su tutti gli uomini, partendo dal portare di palla. Un atteggiamento che ha fatto decisamente irritare la Serbia, che infatti si è vista fischiare svariati tecnici soprattutto a causa del proprio nervosismo. Questa aggressività si è vista nel solito Pajola ma anche in svariati altri giocatori italiani, che hanno messo molto le mani addosso agli avversari. Grazie anche ad una arbitraggio che a volte si è dimostrato permissivo, sono stati molti i vantaggi di questa scelta. Il risultato è stato un gioco a tratti forse più sporco, ma che ha condotto la partita sui binari che l’Italia voleva. Una decisione che si potrebbe riproporre anche nel futuro.
È magia Fontecchio
Ormai è inutile anche solo specificarlo: Simone Fontecchio è l’arma in più di questa nazionale. L’ex Baskonia ha raggiunto piena consapevolezza dei propri mezzi e del proprio ruolo all’interno della squadra. Senza alcuna esitazione si assume la responsabilità di scelte e tiri difficili, spesso andando a segno. Lasciarlo libero fuori dall’area dei 6,75 m è un peccato capitale. Fontecchio è capace di punire gli avversari in tutti i modi possibili: tiro piazzato, tripla in uscita dai blocchi, tripla in stepback, jumper dal midrange. Tutte queste soluzioni sono diventate negli anni parte del suo arsenale, e l’approdo in NBA sembra avergli donato ulteriore fiducia nei propri mezzi. Il vero leader dell’Italia è lui.
La risolve il talento
Dopo un inizio molto difficile, nel secondo tempo la Serbia ha alzato i giri del motore tornando a contatto con gli Azzurri. Nell’ultimo quarto, decisiva è stata però l’enorme dose di talento a disposizione di Svetislav Pesic. In particolare, la partita è definitivamente cambiata in proporzione al miglioramento della prestazione di Nikola Jokic. Il suo playmaking, negli ultimi 10 minuti, ha fatto tutta la differenza del mondo mettendo a disposizione dei compagni tiri facili. Il serbo infatti è riuscito a ricevere in situazioni più dinamiche, attirando l’attenzione della difesa su di sé per poi effettuare passaggi veloci come fulmini verso i compagni liberi. Il frutto di questi set offensivi sono state le buone percentuali da oltre l’arco (10/23), decisive nel finale. Oltre a questo, Jokic non ha fatto mancare il proprio apporto sotto i tabelloni con 10 rimbalzi. Come se non bastasse il giocatore dei Nuggets è stato poi affiancato da un certo Vasilije Micic, autore di 15 punti con un 6/10 dal campo. Il talento dell’Efes negli ultimi minuti ha segnato dei canestri decisivi, e l’asse costruito con Jokic ha funzionato alla perfezione. Semplicemente due fenomeni, che in un finale punto a punto come quello di ieri hanno fatto la differenza.