Il coach della Nazionale Gianmarco Pozzecco, fin dai tempi in cui giocava ancora con la palla in mano, è sempre stato una persona senza troppi peli sulla lingua. Molto spesso la sua genuinità, qualche volta così senza filtri da poter sembrare teatralità, ha portato su di lui molte critiche ma anche molto interesse. Così, ogni volta che l’attuale ct dell’Italia rilascia delle dichiarazioni, è molto difficile che si vada incontro a dichiarazioni scontate e di facciata.
Anche questa volta, Gianmarco Pozzecco ha fatto centro. In un’intervista rilasciata al Carlino, l’ex coach dell’Asvel ha affrontato molti temi tra cui quello del rapporto tra mondo del basket e i social.
Viviamo in un mondo condizionato dai social e dai loro post. Si tratta di giudizi sommari e si cerca sempre un colpevole quando, invece, spesso si perde per un motivo molto semplice: il tuo avversario è stato più forte di te anche se tu hai dato il massimo.
Molto difficile non concordare con l’affermazione secondo cui i social sono un luogo in cui si sparano giudizi affrettati. Troppe volte i tifosi si lasciano andare a sentenze stereotipate, o basate su qualche idea stravagante che nulla ha a che vedere con la realtà della pallacanestro giocata. In quale modo ovviare a questa problematica? Il migliore è probabilmente quello di vivere il basket per ciò che effettivamente è, un gioco che unisce e suscita emozioni.
Agli appassionati dico di stare meno sui social e di andare di più al palazzetto: questo è il miglior modo per vivere la pallacanestro.
Il coach della nazionale è inoltre intervenuto anche sul livello degli allenatori italiani e quanto poco, secondo lui, il peso del loro lavoro sia valutato correttamente.
Mourinho disse a Moratti che il suo ingaggio doveva essere superiore a quello di qualsiasi giocatore. Questo è il modo più sicuro per avere autonomia. L’allenatore migliore è quello che in settimana lavora così bene con i giocatori che in partita i suoi interventi sono minimi.
In un certo senso, quindi, il vero lavoro dell’allenatore è tutto ciò che sta dietro le quinte. Quello che poi si vede sul palco ne è solo una minima parte, tanto da poter sembrare a volte quasi inutile. Mai fare questo errore di valutazione.
Ad una lettura superficiale potrebbe sembrare che l’allenatore non serva perché nel momento di maggiore visibilità non è lui il protagonista. Eppure è lui che ha creato le condizioni affinché si arrivi a quell’obiettivo e ciò accade se il coach ha potere di intervenire e autonomia.
Infine, Pozzecco ha anche commentato l’attuale panorama degli allenatori italiani, affermando di non capire perché in LBA ci siano così tanti stranieri.
Vista la preparazione dei tecnici italiani, credo che nove allenatori stranieri nella nostra Serie A siano troppi.