Al prof. Vladimir Micov, con affetto

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Esimio prof. Vladimir Micov,

cogliamo l’occasione dell’annuncio del Suo ritiro dalla professione per ringraziarLa per tutti questi anni di onorato servizio. A distanza di anni non verrà magari ricordato come una delle figure più carismatiche o appariscenti dei vari collegi da Lei frequentati, ma la memoria di colleghi e studenti non sarà di certo macchiata o distorta. I firmatari di questa lettera sono, simbolicamente, appassionati di palla a spicchi dell’intero panorama europeo, sia che l’abbiano conosciuta personalmente sia che abbiano assistito da remoto alle Sue lezioni. Perché solo una capacità universalmente riconosciuta di elevare la tecnica e il fondamentale al massimo dei livelli ha permesso di oltrepassare confini ideologici, politici e culturali.

È difficile da ammettere, ma Lei non è mai stato un professore che mostrasse empatia nei confronti di alunni o altri maestri. Con lo sguardo perennemente imperturbabile, segnato da occhi solo superficialmente assenti ma in realtà penetranti l’essenza del Gioco, come solo i grandi insegnanti della scuola balcanica possono mostrare. Nessuno, ma proprio nessuno, nelle immediate vicinanze della comunicazione del ritiro, ha riportato alla memoria aneddoti divertenti, retroscena scottanti, intrighi appassionanti, in grado di illuminarne il lato più nascosto o oscuro. Nel bene o nel male, Vladimir Micov è stato e sempre sarà quello che ha comunicato durante le ore in aula. Nessuna maschera, nessun personaggio, nessuna recita da palcoscenico. Nessuna patina o barriera tra lei e la sua platea.

Le Sue spiegazioni. Oh, le Sue spiegazioni. Mai correlate da episodi, divagazioni, elucubrazioni. Sempre massimamente efficaci, dritte al punto, scevre da inutili estetismi e spettacolarizzazioni. La loro grandezza e utilità non erano da misurarsi nell’immediato, ma unicamente alla giusta distanza di tempo. Come la luce di un faro, della quale si può apprezzare la totale intensità solo quando si esce dal fascio proiettato nelle notti di tempesta. Le spiegazioni di un professore severo, raramente incline a complimenti e gratificazioni, ugualmente in grado di stimolare e coinvolgere coloro che frequentavano le sue classi. Vladimir Micov lo si racconterà a figli e nipoti quando si lamenteranno per le versioni lunghissime o per gli integrali impossibili da risolvere assegnati come compito a casa. Se il professore ottiene il rispetto, la fatica e la difficoltà non giustificheranno le lamentele. È normale, si è giovani e si vorrebbero ancora eludere gli ostacoli che la vita pone davanti agli occhi. Ma i professori come Micov esistono per questo motivo: insegnare il giusto valore della sofferenza. Mai fine a sé stessa. Costantemente indirizzata verso una miglioria evolutiva.

Vladimir Micov è stato geniale. Non un genio piovuto dal cielo per chissà quale grazia, divina o di qualsivoglia origine. Un genio costruito, cesellato. Un David di Michelangelo non già presente nel blocco di marmo, dal quale è stato sufficiente dare due colpi di scalpello per portarlo alla luce. Vlado, ci permetta di chiamarLa così, disponeva dei due talenti che, su un campo da basket, sono i meno insegnabili e i più difficili da imporre: i polpastrelli e l’intelligenza. Perché un conto è sapere di trovarsi in quel punto del campo, in quel determinato contesto e momento della partita, grazie allo specifico posizionamento di compagni e avversari, per compiere il singolo gesto tecnico e atletico. Un altro conto è realizzarlo. Caro prof. Micov, ci perdoni la franchezza: come si suol dire, Lei non saltava un foglio di giornale. E di certo non era un fulmine di guerra. Eppure, a Suo modo, è riuscito dove altri ben più ricompensati da Madre Natura hanno fallito. Vedere per credere.

La stoppata decisiva per la vittoria dell’Eurocup col Galatasaray. La clamorosa prestazione nella semifinale di Colonia contro il Barcellona, arrivata al culmine di un’annata di acciacchi e perplessità sul chilometraggio di un professore non certo di primo pelo. Il buzzer beater alla Fonteta, sempre in maglia Olimpia Miliano. Alcune prestazioni al limite dell’arroganza tecnica con cui infiammare il Pianella. L’ultima grande pennellata d’autore, quella tripla dall’angolo nei recenti playoff di ABA Liga contro il Partizan di Obradovic. Le istantanee della pluridecorata carriera del Prof. Micov sono infinite. Ne si potrebbero citare diverse altre, rovistando tra i ricordi di sedici trofei nazionali o continentali. Mancano solo effigi ottenute con la divisa della Serbia, assente negli appuntamenti medagliati e presente nelle spedizioni più sfortunate. Non sono tuttavia i riconoscimenti metallici o le onorificenze al valore a quantificare e legittimare un’autorità espressa oltre il campo di battaglia. Vladimir Micov, un generale per il quale nessuna matricola si sarebbe gettata nel fuoco ma che, di fronte a un suo ordine, non avrebbe mai vacillato o esitato nell’eseguirlo rispettandone maniacalmente le direttive.

Professor Vladimir Micov, non è nostra intenzione dilungarci troppo. Come quei parroci che, in apertura di predica, promettono di essere brevi per poi sproloquiare e disquisire sui massimi sistemi. No. Le inutili smancerie non Le sono mai appartenute. Forse un’ultima grande partita, giocata dai migliori compagni e avversari della Sua ventennale esperienza sui parquet d’Europa, Le avrebbe reso il doveroso omaggio. Ma Lei non avrebbe saputo apprezzarlo. Meglio una lettera sobria, scritta sull’asettica bacheca dei suoi social, per prendere commiato dalla tanto amata materia. Una semplice e rapida stretta di mano tra Lei, allievi, colleghi, datori di lavoro e la Pallacanestro. Prima che una lacrima possa solcare il viso del prof. Vladimir Micov. Guai a rendere manifeste le proprie emozioni più intense. Sono talmente rare e significanti che, giustamente, si vogliono godere nell’intimità della solitudine del saggio.

Grazie per tutto, prof. Micov. Nessuno La dimenticherà mai.

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