Si stava meglio quando si stava peggio…. una volta quando il basket era fatto di fondamentali… Curry ha rovinato il gioco… in NBA si tira da tre e si salta, in Europa si gioca il vero basket delle origini… ah quando c’era il Dream Team si vinceva di venti tutte le partite anche quando Bird e Jordan erano infortunati.
Un ammasso di luoghi comuni e frasi fatte che ogni anno che passa fa sempre più irritare chi non è rimasto ancorato al basket e alla vita di quarant’anni fa. Forse è il caso di dire basta. Nel 2024 sentire ancora parlare di Dream Team originale, di quanto fosse più forte di questo Team USA e che vincesse le partite di venti non può avere cittadinanza. Il basket è cambiato, è cambiato il mondo che lo circonda, ora l’NBA ha cinque degli ultimi sei MVP della stagione regolare che sono giocatori europei o comunque al di fuori degli Stati Uniti. Ci sono più di 120 giocatori non americani da 40 paesi diversi che prendono parte alla stagione NBA e ogni anno crescono, per non parlare delle prime scelte assolute al draft. Ora le squadre al di fuori di Team USA, se hanno la possibilità di convocarli e in una manifestazione estiva come le Olimpiadi questo succede abbastanza automaticamente a meno d’infortuni, annoverano almeno 3-4 (se non più) giocatori che non solo militano in squadre NBA, ma spesso hanno ruoli importanti, se non addirittura da superstar. Jokic e Giannis sono gli esempi più eclatanti, ma pensiamo ai ruoli di Schroder in carriera, a come Wagner si stia prendendo i Magic, a che carriera ha fatto Bogdanovic nella Lega, al pluri-difensore dell’anno Gobert e a quello che significa Wembanyama per il futuro… non degli Spurs, della Lega.
E vogliamo ancora paragonare la forza delle squadre non americane di oggi, con quelle di venti, trenta, quarant’anni fa.
Siamo bravissimi a fare paragoni che non stanno né in cielo, né in terra e anche Julio Velasco l’ha detto “Abbiamo il vizio di considerare l’erba del vicino sempre più verde”. Ma purtroppo non è nemmeno una cosa solo nostra, perché anche Draymond Green ha detto in un podcast: “Se non vincono la medaglia d’oro non li facciamo neanche tornare, dovrebbero vincere di venti tutte le partite”. Questo Team USA che, a mio modo di vedere, come talento e starpower è paragonabilissimo al Dream Team, vince le partite di venti fintanto che non si arriva a un certo livello, poi contro i top team europei deve allacciarsi le scarpe per davvero e giocare al massimo per non uscire con le ossa rotte. Le partite contro Serbia e Francia sono l’esempio. Tutto si può dire di questo Team USA tranne che non abbia rispettato e onorato l’impegno. Ha sempre giocato al massimo, messo tutto in campo e onorato ogni avversario. Zero indolenza, zero tracotanza, zero piedistalli, nulla. C’erano tutti i migliori senza eccezioni, eppure è andato a tre minuti dall’eliminazione in semifinale con la Serbia e a una scarica magistrale (e a tratti irreale) di Steph Curry da un possibile argento. Quindi questo Team USA fa schifo? No. Abbiamo semplicemente visto il miglior spettacolo per un torneo olimpico di basket che la storia possa ricordare. Una qualità e un talento diffuso nelle squadre che si è tramutato in uno show sul campo, giocate pazzesche e partite decise dal talento dei giocatori, ovvero quello che dovrebbe succedere sempre: si gioca al massimo e alla fine il risultato viene deciso dai campioni.
Basta con i paragoni col passato. Basta con meglio il Dream Team o Team USA. Basta con tutte queste chiacchiere da bicchiere di bianchino delle 11 e mezza al bar del paese. Godiamoci quello che vediamo, assaporiamo quel grande spettacolo che abbiamo visto e che sia meglio il Dream Team o questo Team USA non ce ne frega nulla, posto che è un paragone che non avrà mai una risposta, una verità. E allora mettiamolo in soffitta e godiamoci lo spettacolo.