Dopo l’annuncio della positività del numero 1 al mondo del tennis, l’italiano Jannick Sinner, anche altri protagonisti dello sport italiano hanno voluto dire la loro. Uno su tutti, Riccardo Moraschini, che venne squalificato per la stessa sostanza rintracciata nelle analisi di Sinner, uscito indenne dall’indagine.
Il tennista, infatti, se la cava con poco e nulla: perdita dei punti e del montepremi relativi al torneo di Cincinnati 2024. Non andò, invece, così bene a Moraschini, che venne squalificato per l’uso della sostanza proibita, riscontrata nell’ottobre 2021, nonostante ne fosse stata trovata una quantità minima, esattamente come nel caso del tennista altoatesino.
Solo che Moraschini ha subito una squalifica di 12 mesi, proprio mentre il suo ruolo in Olimpia Milano stava diventando sempre più importante. Una squalifica che ne ha affossato la carriera ad alti livelli. Quello di Moraschini, è giusto ricordarlo, fu il primo caso doping di quella maledetta stagione milanese, seguito a pochi mesi da quello di Kostadinos Mitoglu.
Riccardo Moraschini non ci sta
Riccardo Moraschini, a La Repubblica, ha ricordato i momenti in cui scoprì della positività:
“Ero ad allenarmi, mi ha scritto la mia ragazza perché aveva letto la notizia. Era furiosa. Io ho letto, ho guardato rapidamente, anzi. Mi è venuto da ridere: ma sapevo quanto fosse sbagliato questo sistema che mi ha rovinato la carriera, economicamente e sportivamente. Il nostro caso è identico, spiccicato: quantitativo bassissimo, ricondotto solo a contaminazione esterna. Entrambi siamo stati riconosciuti non consapevoli che una persona vicina a noi usava il farmaco preso in farmacia, nel mio caso la mia ragazza. Ma io ho pagato con un anno di squalifica e la sospensione”.
Moraschini fa notare come i due casi, simili tra loro, siano stati affrontati in maniera completamente diversa:
“L’antidoping ha un sistema giustamente ferreo. Poi però ogni singolo caso viene trattato con la soggettività di chi lo giudica. Io all’epoca ero stato sospeso tre mesi e mezzo in attesa del giudizio. E poi squalificato per un anno, nonostante il giudice abbia riconosciuto l’involontarietà nell’assunzione. Ma lo sport è uno solo, i regolamenti legati al doping non possono essere trattati differentemente a seconda dei casi e dello sport. I precedenti servono: Simona Halep, ex numero uno mondiale, fu trovata positiva e sospesa subito fino alla data dell’udienza. Perché io perdo tre mesi e mezzo di stagione e un altro no?”.
Senza considerare le lungaggini burocratiche per arrivare a una sentenza. Per il caso Sinner ci sono voluti pochi mesi, Moraschini ha subito una sospensione preventiva e ha dovuto attendere mesi prima di conoscere il verdetto, nonostante avesse rinunciato alle contro analisi.