Dovremmo tutti rendere omaggio a Giannis Mitsakis. Il fatto che, a meno di coincidenze imprevedibili, questo nome non vi faccia venire nulla in mente non deve preoccuparvi minimamente. Eppure, se oggi godiamo delle azioni di uno dei più vincenti e riconosciuti playmaker del Vecchio Continente, il merito è tutto suo. La carriera cestistica di Mitsakis può definirsi tutt’altro che esaltante, ma è il suo sangue a renderlo decisivo. Ai tempi delle elementari, un suo cuginetto è indeciso tra continuare a giocare a calcio o a pallacanestro. La famiglia è della classe media: non ha problemi ad arrivare alla fine del mese, ma due sport in contemporanea per il piccolo sono una spesa eccessiva da sostenere. Il bambino deve prendere una decisione. È, per fortuna, la predilezione per il cugino più grande avrà la meglio. A distanza di anni, fa sorridere come, dalle squadre legate alle scuole che frequentava, quel piccolo sia considerato al pari di un essere semidivino in Grecia e Turchia, due stati in eterno conflitto, ma che riconoscono entrambi la grandezza e le visioni della point guard. Efharistò, Giannis. Senza di te, Kostas Sloukas non ci sarebbe. E chissà come avremmo potuto farne a meno.
CHI LA DURA LA VINCE
Il padre, ufficiale di polizia, ex calciatore e campione nazionale di sollevamento pesi, lungi dal consigliare a Kostas l’avvicinamento ad uno sport così pericoloso e massacrante, ha preferito guidarlo verso uno sport di squadra. Certo, il calcio era stato il suo mondo. Sarebbe stato felice se il figlio avesse ripercorso le sue orme. Ma Sloukas iunior preferisce la palla a spicchi. Quel condividere il movimento insieme ai quattro compagni sul parquet per infilare la palla nel cesto gli smuove qualcosa che la sfera di cuoio non aveva raggiunto. AEN. Megas Alexandros. Mandoulides. Le tre società costituiscono i primi passi giovanili di Kostas, che è costretto a cambiare squadra a causa dei lunghi spostamenti per andare agli allenamenti e alle partite. Le difficoltà logistiche non intaccano però la passione per il gioco. Anche perché è chiaro sin da subito: la mano mancina di Kostas si è vista poche volte in giro. Neanche nell’Ellade, dove di pallacanestro se ne è sempre capito abbastanza. Nel 2004, la svolta. Kostas decide di assecondare i consigli del papà, svegliandosi ogni mattina un’ora prima per andare a correre e aumentare il fondo a disposizione del proprio motore. Kostas, agli occhi del genitore, ha tutti i crismi per diventare un campione. Talento. Passione. Forza di volontà. Ma senza un allenamento adeguato, sin dalla giovanissima età, non si diventa atleti e professionisti che ambiscono al massimo. L’estate successiva, anche Kostas è sulla Torre Bianca di Tessalonica a festeggiare con gli amici la conquista del trofeo continentale della truppa guidata da Giannakis. In campo, a dirigere i primi violini Papaloukas e Spanoulis, un altro playmaker mancino che rapisce gli occhi del quindicenne Sloukas. Questo sì: se non dovesse farvi venire in mente nulla, smettetela di leggere e dedicatevi ad altro. Ovviamente, Dimitris Diamantidis.
L’imprenditore Socratis Kokkalis, figlio di un attivista comunista greco vissuto in esilio nella Germania dell’Est dopo il secondo conflitto mondiale, nel 2010 ha lasciato la presidenza dei biancorossi più vincenti di Grecia dopo una ventina d’anni di successi, in patria e a livello continentale. È dalla sua scrivania che, nell’estate 2008, parte una telefonata decisiva. Il numero composto è quello di un giovane playmaker, già distintosi nelle nazionali giovanili, la cui visione di gioco ha pochi eguali nel territorio greco. La risposta non si fa attendere. Certo, signor Kokkalis. Vengo subito ad Atene. Ma il tono non è dei più fermi e sicuri. Kostas lo sa. Non ha ancora conosciuto l’esperienza del professionismo, e toccarla con mano per la prima volta in una squadra che storicamente compete ai livelli più alti potrebbe bruciare ogni speranza. Il rischio è quello di non vedere il campo, dovendo condividere lo spogliatoio con campioni del massimo calibro. Sloukas tentenna, la sua fragili sicurezze sono in pericolo. Papà Ioannis, però, gli ha sempre insegnato una cosa. Sii paziente, e lavora sodo. Perché ci sarà sempre qualcuno che lo sarà più di te. Dai il tuo massimo e, se non potrai cogliere immediatamente i frutti, la pianta germoglierà rigogliosa. Con un tronco resistente e le fronde cariche di germogli. Che verranno colti dopo una maturazione più sana. Regalando un gusto unico.