The Last Dance: Scottie Pippen e Horace Grant non sono contenti

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The last dance
Grafica di H3ml0ck

Dal prossimo lunedì in poi le nostre vite prenderanno una piega diversa, non perché riapriranno palestre e piscine, per noi appassionati verrà a mancare l’unico appuntamento inerente alla pallacanestro che ci ha accompagnato nelle ultime cinque settimane (oltre alle videochat di BDP, ovviamente). Difatti, si è concluso il ciclo di uscita dei 10 episodi di The Last Dance, una notizia lieta per chi attendeva di vederli tutti d’un fiato e un quasi dramma per chi si era abituato ad iniziare la settimana al meglio. Non credo ci siano dubbi sul fatto che la serie sia stata un successo, per lo meno a livello mediatico e di ascolti, tuttavia, è normale che ci sia chi non ha apprezzato, soprattutto se si tratta di addetti ai lavori e, in particolare, di giocatori che sono stati coinvolti nel ciclone Jordan. Già, probabilmente colui che in quell’epoca è stato più coinvolto e legato alla presenza di MJ, a quanto pare, avrebbe da ridire sulla rappresentazione di quegli anni che è stata fatta da parte di ESPN. Mi sembra chiaro che mi sto riferendo a Scottie Pippen, il quale, a detta di David Kaplan (ESPN 1000 Chicago), sarebbe piuttosto arrabbiato per come è stato attaccato il suo personaggio nel corso del documentario. L’insoddisfazione e la scontentezza di Scottie deriverebbe dall’appellativo di “egoista”, attribuitogli dal suo ex primo violino ai tempi dei Bulls, riferendosi alla decisione di rinunciare all’operazione chirurgica estiva che gli è costata una parte di stagione. Inoltre, Mike ha sottolineato come Pip non si fosse reso conto del fatto che stava coinvolgendo tutta la squadra nei propri problemi, esternazione che avrebbe lasciato il diretto interessato perplesso, nel momento in cui ne è venuto a conoscenza, soltanto attraverso il piccolo schermo. Sempre secondo l’opinione di Kaplan, così avrebbe reagito Pippen a The Last Dance:

Pippen si sentì come se, fino agli ultimi minuti della Gara 6 contro i Jazz (Finals 1998), fosse solo “colpire Scottie, colpire Scottie, colpire Scottie.”

Queste presunte critiche si vanno a sommare a quelle già mosse recentemente da Horace Grant, più volte attaccato nel corso degli eventi in merito alla vicenda del libro di Sam Smith (The Jordan Rules), per cui Grant sarebbe stato la principale “fonte”.

Bugie, bugie e ancora bugie se Jordan ha provato rancore nei miei confronti, possiamo risolvere la questione da uomini. Possiamo discuterne o trovare un altro modo per sistemare le cose. Ma ancora una volta, davanti a una telecamera ha iniziato a ripetere la bugia secondo cui io sono la fonte che ha spifferato le cose scritte nel libro. Io e Sam siamo sempre stati grandi amici, lo siamo tutt’ora, ma la sacralità dello spogliatoio e dei suoi segreti non è mai stata messa in discussione. Sam è un grande giornalista investigativo, questa è la spiegazione. Ha sempre detto di aver avuto due fonti: perché MJ continua a puntare il dito soltanto contro di me?. Il suo è soltanto rancore: te lo dico io, non ha altre ragioni se non quella. E penso che venga fuori durante il documentario. Se dici qualcosa fuori posto sul suo conto, vieni fatto fuori, farà di tutto per distruggere il tuo personaggio

Con queste parole dell’ex Magic, oltre che membro di quel team, gli attacchi alla Jordan-centricità di The Last Dance diventano più che numerosi. D’altra parte, dal mondo americano arrivano anche delle critiche in merito all’atteggiamento quasi insofferente tenuto da Pippen in ogni apparizione nella docu-serie. C’è da dire che, in realtà, questo evento non ha reso pienamente giustizia all’operato di ogni membro dell’organizzazione-Chicago, all’infuori di Jordan e pochi altri eletti. Il dibattito che si è sollevato sulla figura di Jerry Krause ne è un esempio lampante. Un uomo che ha pur sempre degli evidenti limiti caratteriali (come ce li hanno tutti) che lo hanno portato a commettere degli errori meramente gestionali nell’anno dell’ultima danza, al quale però va riconosciuto di aver costruito una squadra che è arrivata ben sei volte sul tetto dell’universo NBA. Discorso diverso vale per Pippen, il quale non lamenta una scarsa considerazione, bensì un atteggiamento sgradevole da parte di quello da lui percepito come una spalla. C’è chi, inoltre, in questa serie si è preso spazio e affetto per una storia da raccontare, vedi Kerr (forse a sorpresa) o Rodman, che in molti aspettavano più di qualsiasi altro dettaglio, mi sento di dire che le aspettative non sono state deluse. Di certo, in questo tipo di “raccolte celebrative” chi resta un po’ ai margini, o viene escluso oppure messo in cattiva luce, è tendenzialmente portato a far valere il proprio orgoglio, come è giusto che sia. Dunque, aspettiamoci altri interventi in sfavore del fenomeno che si è abbattuto pure sullo straordinario mondo delle serie TV. Fenomeno che, a quanto ci dicono i numeri, ha riscontrato parecchio successo tra gli italiani, che hanno fatto sì che, in vetta ai più visti su Netflix, non ci siano più dei Dalì rapinatori, ma dei tori dominatori…

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