Le favole sono sempre belle e lasciano sempre degli importanti insegnamenti, purtroppo si chiudono con un lieto fine che la vita vera non concede. Abbiamo parlato a lungo in queste giorni di trade e free agency, spesso ruotando i nostri discorsi su Kawhi Leonard e su una situazione, quella in casa Spurs, che non è stata sicuramente gestita al meglio. Tra la spy story, un infortunio più o meno vero, la “scarpetta di Cenerentola” che non sembrava mai essere quella giusta per il #2 con le treccine, il tweet di Woj che ha definito la trade è arrivato puntuale a sancire la fine di un rapporto che si era interrotto da ormai troppo tempo.
Gli Spurs cedono ai Raptors Kawhi Leonard e Danny Green, ricevendo a loro volta DeRozan, Poeltl e una prima scelta protetta del draft 2019. Eccoci subito alla domanda: chi ci guadagna? Forse la risposta più semplice è che questo scambio termina senza vincitori nè vinti, anzi con tutte e due le franchigie perdenti. I canadesi rinunciano alla loro superstar e a un giovane ragazzotto austriaco che comunque stava facendo bene, ma acquisiscono una superstar. Quindi questo è il colpo, l’ennesimo, del GM Ujiri? Forse no. Fermo dalla “dirty play” di Zaza Pachulia o quasi, Leonard sembra un giocatore staccato dalla realtà, specie per quello che il suo entourage ha lasciato trapelare, come le dichiarazioni, della mattinata italiana, su quanto non apprezzasse la città di Toronto. Quindi ci guadagna San Antonio? Neanche, perchè DeRozan è un solista che dovrà adattarsi al rigido sistema di coach Pop (interessante capire sarà la guardia designata con Gay da 3 o se si adatterà in ala piccola) e Poeltl non sposta molto gli equilibri in quel pacchetto lunghi che al momento conta (ancora) Gasol, Aldridge e Bertans.
San Antonio has agreed to trade Kawhi Leonard and Danny Green to Toronto for DeMar DeRozan, Jakob Poeltl and a protected 2019 first-round pick, league sources tell ESPN. Trade call with league office is beginning momentarily. https://t.co/6DZNdAs8BM
— Adrian Wojnarowski (@wojespn) July 18, 2018
UNA TRADE TRA MILLE INCERTEZZE
Se Leonard consapevolmente o sotto consiglio del suo entoruage – leggasi zio che ha fondato una agenzia che lo rappresenta – abbia preso in mano la sua situazione dallo scorso anno fino ad ora, questo non è affatto chiaro. Passata forse troppo in secondo piano la “spy story” newyorkese, in cui gli Spurs hanno cercato di rintracciarlo senza successo, mentre gli ultimi giorni sembravano essersi appartati su una tacita convivenza o addirittura una possibile estensione in vista di una trade, anche se ora lo spostamento a Toronto appare quasi una scelta della franchigia texana, volta a liberarsi di un soggetto non gradito.
In cambio gli “speroni” prendono giocatori che non sembrano avere un senso nel loro tipico sistema di gioco, non hanno grandi margini di crescita futura e sembrano attestare le loro aspettative su un primo turno playoff che, con la crescita esponenziale dell’ovest, non sarà neanche cosa tanto scontata. Serviva forse una maggiore contropartita, che magari rimpolpasse il pacchetto interno, ma forse Pop e Messina hanno visto qualcosa in Poeltl che sfugge ad occhi esterni, ma soprattutto vorranno provare a rendere DeRozan un giocatore capace di dominare anche senza avere sempre e solo la palla nelle mani.
LA SOLITUDINE DEL #2
Ci sono parabole che implodono, senza declinare in quieto calare e Shawn Kemp ne è un esempio lampante, ma ci sono storie che rimangono sulla cresta dell’onda. Ammesso che l’infortunio fosse effettivo, anche se è difficile credere che per un problema muscolare si possa rimanere fermi così a lungo, vale la pena sottolineare che il ragazzo non si allena con una squadra e non sente il campo da tempo immemore: inserirsi in una Toronto che lui non voleva e che, da piccolo palcoscenico, non mancherà di farglielo notare, appare davvero difficile, non solo per il contesto tecnico ma anche e soprattutto per il profilo psicologico.
Leonard, al suo meglio, è sempre stato un giocatore con la sua “zone” che è racchiusa in quel viso che non regala emozioni e in un’attitudine che non a caso si estrinseca in difesa. Entrare nella mente dell’attaccante era il suo forte e il resto lo facevano le sue lunghe leve. Non avendo mai lasciato trapelare parole o dichiarazioni, essere mediaticamente sballottato tra questa o quella insinuazione, di certo non può che creare una frattura. Non ci si aspetta che sia subito decisivo, ma che dia quel contributo per cui Toronto lo pagherà, fosse solo per quest’anno.
LAST CENTS – DARK KNIGHT
Premesso che il Commissioner Adam Silver potrebbe e dovrebbe intervenire sulla vicenda per evitare che si creino precedenti, con giocatori scontenti e che manovrano, la sensazione di parti deluse deve far riflettere. Non è un caso che i Lakers alla fine abbiano deciso di mollare la presa, puntando magari a prenderlo l’anno prossimo. Toronto non ha niente da rimproverarsi, forse non fa la mossa del secolo ma di certo ha giocato d’azzardo e la scelta potrebbe pagare, mentre San Antonio doveva muovere qualche filo dopo tutta l’inerzia estiva.
Forse la verità su tutto questo polverone non verrà mai alla luce. Leonard era la bella storia della pallacanestro, di uno steal al draft che poteva emulare Duncan per silenzio e carisma, ma che alla fine si è costretto a vivere una situazione non dissimile da un DeColo o Joseph qualunque. Non è certo neanche il giocatore che punta i piedi e sceglie LA a scatola chiusa o che rifiuta un contratto milionario con la Nike. Quell’alone di mistero che ha accompagnato la sua carriera ora sembra palesarsi nell’ombra prorompente dell’agenzia che lo gestisce, entrata nell’ultimo anno e a dir poco condizionante. Cosa ne verrà fuori? Impossibile dirlo.
Altrettanto impossibile è non citare la frase che un goliardico comico americano ha fatto sotto il tweet di Woj, in pieno tema Game of Throne: “Desiderava King’s Landing, ora andrà nel profondo Nord a fare il Night Watcher“.