Non era di certo la finale più attesa alla vigilia, ma di sicuro è quella che chiunque ami la palla a spicchi in gonnella avrebbe potuto desiderare. Sarà una sfida East vs West, come succede nella NBA, una prima volta per la WNBA del nuovo format playoff, più simile alle latitudini europee che non agli standard americani. Da un lato la classe ed il talento puro di una squadra predestinata, almeno per quello che la Regular Season ha detto, ovvero le Seattle Storm, che se la vedono contro le Washington Mystics, una delle sorprese della stagione non tanto per il talento quanto per la capacità di fronteggiare le avversità che hanno trovato sul proprio cammino, sia sul campo che fuori.
È una sfida anche e soprattutto generazionale: Seattle ha dalla sua i favori del pronostico, al di là dei numeri e del fattore campo, con la Key Arena che torna a ruggire per il gran basket che conta, grazie alla grande esperienza di cui potrà disporre sul parquet. Squadra navigata e che dispone di un’ottima batteria di tiratrici per aprire il campo, ma anche e soprattutto esperienza alle Finals, con già due finali (ed altrettanti anelli) nel proprio carniere. Washington, al contrario, è una debuttante al gran ballo, una squadra più ondivaga per quel che attiene a percentuali d impatto, ma che, al netto di un talento più livellato tra le giocatrici, può avere energia e “situazioni inaspettate” anche e soprattutto dalla seconda unit. Un limite, forse, ma al tempo stesso la risorsa che può far saltare il banco.
ELENA DELLE DONNE: QUANDO IL SUCCESSO SPOSA LA DETERMINAZIONE
Era la fine di gara due, Atlanta otteneva un successo che sembrava regalarle la via più diretta alla finale, anche perchè Elena Delle Donne usciva dal campo senza l’ausilio delle sue gambe, tra lacrime e malumori che pesavano molto più della sconfitta sul tabellone. Stagione finita, rottura del legamento, fine del sogno per Washington, almeno queste sembravano le voci della vigilia, fino poi ad un responso più lieve: contusione ossea.
Sicuramente non giocherà, troppo dolore.
tuonavano già gli scettici, ma il basket non è solo previsione matematica, conta anche e soprattutto cuore e cervello di un’atleta.
Con un ginocchio dolorante e mai così pesante, la #11 delle Mystics gioca una gara esiziale in gara 5, oculata in ogni movimento e al servizio della squadra in ogni giocata. La gara è intensa, senza un padrone, i parziali si rispondono ed è proprio lei che alla fine ne mette il sigillo, con la sua semplicità ma ancor di più con la sua freddezza. Palazzetto caldo e ostile, liberi pesanti come macigni, ma un 4/4 che significa Finals. Forse la grandezza di un’atleta del genere, che nella sua carriera ha passato tante di situazioni assurde, tra college e fughe, infortuni nel momento di maggior splendore, momenti di luci ed ombre, non sta in quanti punti e rimbalzi abbia nel curriculum – dato comunque considerevole per EDD#11 – ma per come il cuore ed il tanto lavoro oscuro sappiano far fronte a qualsiasi situazione.
Non è certo una novità per lei, ritrovarsi a essere leader di un gruppo che magari non è detto che possa portare a casa il titolo (nessuno ha mai rimontato nella storia delle Finali da 0-2), anche se sarebbe davvero bello per tutti gli amanti di questo sport, ma sono queste le sfide che più le danno soddisfazione. L’impostazione di Washington, che ha fatto di tutto per arrivare a prendere lei, le si addice perchè il suo gioco di alto livello può rendere funzionali le compagne.
SUE BIRD: L’ESPERIENZA DELL’ELEGANZA
Probabilmente doveva essere altrove, dopo una carriera infinita e piena di successi. Doveva avere un minutaggio ridotto, almeno così dicevano e quando si era fratturata il naso si pensava che avrebbe dato il suo apporto sostenendo le compagne dalla panchina. Le cose vanno decisamente in senso opposto e Sue Bird decide ancora una volta di essere maledettamente decisiva, in una gara 5 che Phoenix non potrà di certo dimenticare facilmente. Per farlo si traveste da eroina con tanto di mascherina, prende per mano le sue e si permette il lusso di abbattere il record dell’amica/rivale Diana Taurasi, che fino a pochi giorni fa in gare da dentro/fuori era 13-0. Nelle finali si ripete, perché se in gara uno è sostanzialmente amministrazione controllata per le Storm, nel secondo episodio oltre a infilare una tripla da quasi metà campo negli ultimi minuti, ma compie anche le azioni difensive che decidono il match
La magia non si può spiegare, ma Bird riesce ad essere incisiva su ambo i lati del campo, si prende il proscenio come quando ha portato Seattle a vincere i due precedenti anelli nel 2004 e nel 2010 e con un quarto periodo assurdo porta le Storm in finale. Riesce ancora alla sua età ad essere quella variabile impazzita che cambia le partite. Sembra quasi che guardi dall’alto la situazione, come un falco, aspetti il momento giusto per colpire e poi, con la sua classe, riesca ad infilarsi perfettamente tra le pieghe della gara, in un crescendo di canestri, assist e grandi azioni. Avere a disposizione una vera e propria allenatrice in campo, aiuterà di certo il gruppo intorno a lei a dare quel qualcosa in più. Anche per lei e le sue Storm, come già detto per Elena Delle Donne, molto passerà dalle condizioni fisiche in cui affronterà queste cinque gare di finale: potrebbe essere il suo ultimo canto del cigno, ma per lei abbiamo speso queste parole troppe volte, rimanendo spesso smentiti…
L’MVP BREANNA STEWART E IL RUOLO DELLE PANCHINE
Al di là di quello che numeri e campo hanno già detto finora, Seattle ha dalla sua quel qualcosa in più, con una giocatrice che al momento è una spanna sopra tutte le rispettive concorrenti: Breanna Stewart. Un’atleta capace di dominare il gioco senza essere costretta a mangiare palloni alle sue compagne. La sua capacità di essere un fattore dentro e fuori dall’area, in un accoppiamento che molto probabilmente la vedrà opposta alla Delle Donne, fanno di lei la chiave di volta di una serie e non potrebbe essere altrimenti.
Interessante il matchup tra le due giocatrici-franchigia, che si sono affrontate a viso aperto nei tre precedenti stagionali, con 2-1 per le Storm. Nelle due vittorie di Seattle, anche abbastanza larghe nello scarto, la Stewart è andata oltre i 25 di media, dominando in lungo e in largo, ma nell’unica sconfitta è stata sicuramente tra le peggiori delle sue. D’altro canto la Delle Donne sembra esaltarsi contro di lei, con tutte e tre le gare abbondantemente oltre i 20 di media e gli 11 rimbalzi, a testimonianza di quello che risulta essere un duello cruciale anche per ciò che attiene l’economia a rimbalzo del match. Se tutto sembra far prevalere Seattle soprattutto ora che ha questo doppio vantaggio molto pesante, anche Washington ha la capacità di poter recitare un ruolo da protagonista: le variabili impazzite dalla panchina, quei cosiddetti “correctibles” che possono scompaginare piani tecnici e tattici, sono tutti a favore della squadra capitolina, che in panchina ha meno esperienza ma ha punti e tanta intensità. L’età anagrafica e la capacità di sfruttare molto il quintetto pendono a favore delle Storm, ma se le Mystics mettessero spalle al muro le avversarie con uno sgambetto all’inizio della serie, le parti potrebbero di sicuro invertirsi.