Eurolega: Barcelona, questo è l’anno zero?

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Si costruì una squadra incredibilmente fisica, a immagine e somiglianza

di un allenatore e uomo spigoloso come Pesic”

Le parole sono tratte dall’autobiografia di Sarunas Jasikevicius e si riferiscono al Barça del 2002-2003, quello che portò il primo titolo continentale in Catalunya. Stiamo parlando di quindici anni fa, ma in quel roster ci sono, in mezzo ai Varejao, ai Fucka e ai Bodiroga degli elementi di connessione con la stagione che stiamo vivendo: Navarro, ventiduenne all’epoca, veterano ora, Nacho Rodriguez l’altro playmaker, General Manager dal 27 marzo 2017 e quindi la mente dietro alla ricostruzione della squadra in estate e ovviamente Svetislav Pesic, coach oggi come allora.

La stagione 2016-17, la prima senza Xavi Pascual è stata deludente e, a parziale scusante, tormentata dagli infortuni. La squadra ha terminato la stagione senza accedere playoff di Eurolega, per la prima volta dalla stagione 2004 e ha visto l’eliminazione ai quarti dei playoff di Liga ACB (sempre in finale dalla stagione 2006). La dirigenza ha così deciso saltare a piedi uniti sul pulsante RESET. Fanno le valigie: l’allenatore, Georgios Bartzokas, vincitore di un Eurolega con l’Olympiacos (2012) e protagonista del miracolo chiamato Lokomotiv Kuban solo l’anno precedente (2016), ma salutano anche pezzi importanti come Rice, Lawal, Oleson, Perperoglu e Doellmann. Si riassembla così un roster strano e per molti versi atipico intorno al nuovo coach, Sito Alonso arrivato dal Baskonia, ma  anche già ripartito il 9 febbraio. Come detto, sulla panchina ora siede Pesic, lo spigoloso serbo classe ’49.

CHI È RIMASTO

Due guardie: Petteri Koponen, forte del suo contratto biennale, in questo momento è il principale cambio degli esterni e Pau Ribas, che dopo un anno in cui per infortuni vari ha giocato solo 18 minuti in Eurolega, ritorna al suo sottovalutatissimo ruolo di uomo-collante offensivo e difensivo. Entrambi sono ottimi tiratori sugli scarichi (45% da tre in stagione), ma all’occorrenza in grado di creare dal pick and roll. Le guardie sono tre se contiamo Juan Carlos Navarro, il cui ruolo ormai, non è solo quello di “dare un tono all’ambiente” come il tappeto di Drugo Lebowski, ma è sicuramente molto ridimensionato per evidenti problemi difensivi.

Petteri Koponen (Alessia Doniselli)

Due ali come Claver e Vezenkov entrambi tweener alla stessa stregua di altri arrivati quest’anno ed entrambi ai bordi della rotazione di Alonso (rispettivamente 13 e 11 minuti di media su 15 e 9 partite di Eurolega). Per la verità il 22enne bulgaro è stato dislocato in zona tribuna a fasi alterne, di cui l’ultima iniziata a metà gennaio e l’unica spiegazione disponibile di Alonso risale a dicembre e sostiene che i giocatori davanti a Vezenkov sono di tutto rispetto, punto e stop.

L’altro elemento confermato è forse quello più discusso, sicuramente quello più condizionante per la squadra, un Ante Tomic ormai 31enne e in forte calo rispetto a quando era parte degli All-Euroleague Teams (dal 2013 al 2015). La sensazione è che se il rapporto serbo-croato tra il coach e Tomic possa solo essere estremo e quindi finire molto male per loro o molto male per tutti gli avversari.

Ecco un esempio evidente di quando si dice che Tomic è un giocatore soft, dopo la ricezione, pur con la strada libera verso il ferro, ci mette due palleggi un giro sul perno e un appoggino al ferro per trovare i due punti. Dalla parte opposta Melli, più contrastato chiude con forza e determinazione. Il risultato è lo stesso ma l’impatto sulla parita è chiaramente diverso.

SITUAZIONE

Il record di Eurolega è ampiamente negativo 7-16, però se guardiamo gli indicatori statistici avanzati possiamo notare come essi siano in linea con quelli di squdre di media o alta classifica come Khimki o Panathinaikos

Queste statistiche in apparente opposizione tra loro si possono spiegare con un ulteriore dato, il record nelle partite terminate con 5 o meno punti di scarto è 0-6, che diventa 0-11 se ampliamo il campione a 10 punti di scarto o meno. Sorprende quindi ancora di più che i Blaugrana siano arrivati a vincere la Copa del Rey dopo tre partite estremamente equilibrate contro contro Baskonia, Gran Canaria e Real Madrid. In tutti questi tre rush finali Oriola e le ali hanno dominato a rimbalzo d’attacco dando forse la spiegazione nascosta a questo risultato.

QUINTETTI

Si parlava di un roster atipico che ovviamente si traduce in tante possibili scelte tattiche. La rotazione degli esterni si sviluppa su due/tre spot a seconda dei casi e su quattro “più uno” giocatori: i già citati Ribas, Koponen e Navarro (il “più uno”, dato che ha un minutaggio controllato) più Heurtel, ovvero il fulcro dell’attacco e Hanga che per essere il miglior difensore di tutta l’Eurolega è dotato di una quantità notevole di talento offensivo. Ci sarebbe anche Pressey, che Pesic sta tentando di recuperare (minuti contro Bilbao in campionato e Real in Europa) dopo che nella gestione Alonso si è reso protagonista di prestazioni che lo hanno relegato prima al pino e poi alla tribuna.

Adam Hanga, miglior difensore dell’Eurolega 2016-17 (A.Doniselli)

Gli altri spot sono occupati normalmente da un lungo tra Seraphin, al momento infortunato e probabilmente prossimo al rientro, Oriola e il suddetto Tomic, assieme a una o due ali tra Claver, Moerman e “il rinoceronte con l’armatura di Robin Hood” (splendida cit. di Mattia Ferrari, in telecronaca, per descrivere Rakim Sanders). Il campione è ovviamente ridotto, ma con l’arrivo di Pesic sembrano essere prediletti quintetti più fisici, quindi vengono molto spesso schierate due sole guardie, e talvolta due lunghi contemporaneamente, come Tomic e Oriola.

COME GIOCA IL BARCELONA

L’attacco a metà campo è molto statico, anche se la sensazione è che Pesic abbia un po’ mollato le briglie di Alonso, e in controtendenza con la sua prima apparizione sulla panchina del Palau, stia lasciando più libertà ai giocatori cercando solo d’imporre movimento senza palla e della palla stessa.
Tutto nasce, cresce e sta fermo, intorno al pick and roll di Heurtel e questo ci porta ad illustrare il Teorema Heurtel, elaborato da me nei primi anni di Efes, ma tutt’ora valido, anche per altri giocatori, Shved su tutti.

TEOREMA HEURTEL: Quando i tuoi finali di partita sono affidati per tre azioni su quattro all’arresto e tiro (spesso da 2) di un singolo giocatore, i punti per possesso tendono a normalizzarsi e questo porta la squadra a giocarsela quasi con tutti ma, a meno di avere una super difesa o giocate estemporanee, ad esempio a rimbalzo d’attacco e a non essere realmente pericolosa sulla continuità nell’arco di un campionato.

In ogni caso la strutturazione a due ali intercambiabili porta ad avere quasi sempre una vantaggio fisico per uno dei due, quello marcato dal “3” avversario quindi il vantaggio dell’ala piccola è vicino a canestro mentre quello dell’ala grande sarebbe fuori dalla linea dei 3 punti. In questo caso la presenza di Oriola da 5 è decisamente più funzionale di quella di Tomic, in quanto avendo il lungo spagnolo un range di tiro decisamente superiore, consente di liberare in modo efficace l’area per permettere ai compagni di attaccare dal post basso.

Spesso invece le letture sono discutibili. Heurtel attacca e torna indietro, a questo punto abbiamo Sanders, più fisico ma più lento del suo avversario diretto a 9 metri dal canestro e Moerman contro un giocatore più grosso in post basso. La palla arriva al francese, ma in area c’è anche Tomic che non ha raggio di tiro e porta il suo diretto avversario, quindi un lungo a dare fastio all’ uno contro uno. Ne scaturisce un tiro forzato e in equilibrio precario

Un’altra limitazione data da questi quintetti pesanti potrebbe essere la difficoltà nel trovare punti in contropiede ma, in effetti, i Blaugrana in transizione non ci vanno neanche con il quintetto leggero.

In queste due azioni c’è un po’ di tutto, due ottime difese con recupero, ovviamente di Hanga e Ribas, che, nonostante la palla sia ancora viva, non riescono a diventare dei contropiedi. L’attacco che si ferma sia ai tre punti che in post basso. Le eccellenti qualità tecniche di Tomic nel passaggio e i problemi di atletismo e fisicità contro i 4 veri per i tweeners del Barcellona, non permettono di chiudere l’azione con dividendi.

Difensivamente il nuovo coach ha dovuto affrontare una pessima grana, ovvero tutti i lunghi a disposizione sono protettori del ferro ampiamente sotto media e non hanno piedi rapidi per cambiare sui piccoli. Mentre nella gestione Alonso il lungo che difendeva il pick and roll rimaneva spesso a copertura dell’area lasciando passare il difensore bloccato in terza posizione e generando spesso cambi poco remunerativi. Ora con Pesic si tende a tenere il lungo alto sulla linea ma piatto (spalle parallele alla linea di fondo) inseguendo sul blocco con l’esterno e portando un raddoppio non strettissimo sul palleggiatore, con l’intenzione di impedire il passaggio diretto al bloccante. Hanga e Ribas eseguono molto bene, gli altri meno, mentre si palesano i maggiori problemi quando sono le ali ad essere coinvolte nel blocco, in difesa sull’handler avversario, perchè avendo scarsa mobilità laterale, arrivano in ritardo sul raddoppio lasciando un secondo di troppo all’l’1vs1 del palleggiatore contro il lungo che esce. Marcus Eriksson (giocatore vero, di Gran Canaria) saluta e ringrazia.
Ci sono tante situazioni tecniche su cui migliorare per Pesic e il lavoro sarà forse più difficile del previsto, ma farlo con una Copa del Rey già vinta, distende gli animi e rinfranca lo spirito.

L.Maghini
Speaker del podcast sul basket europeo "3 and P". Impazzisco per le point forwards, mi piacciono i giocatori lituani, sperate non ne esca mai un Lituanoglu. Alleno per poter chiamare le difese come le sorelle di Coach Carter.