GamePlan Virtus-Olimpia Milano G4: Non il classico Instant Classic

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Le gare al Mediolanum Forum sono state effettivamente troppo belle per essere i primi due capitoli delle LBA Finals. Gara 3 alla Segafredo Arena ha riportato tutto sui binari del presunto equilibrio e pronostico: partita brutta, sporca, cattiva, dove tensione e nervosismo hanno avuto un peso preponderante rispetto alla tecnica sopraffina di base dei roster di Sergio Scariolo ed Ettore Messina. A conferma del fatto che, comunque vada, Virtus-Olimpia Milano è una serie che vale la pena di essere vista secondo dopo secondo, una partita storicamente più congeniale alla struttura di squadra milanese è quella che ha dimezzato lo svantaggio della Segafredo dopo le due sconfitte tirate in Lombardia. Sul 2-1 Milano gara 4 è pivotal come nessuna da ottobre 2022 a oggi. GamePlan non può esimersi dall’analizzarne ogni tassello visibile.

La Virtus attacca i piccoli, sempre e comunque

Trovare delle costanti in una partita che ne ha contenute almeno tre in quanto ad andamento, ritmo e punti chiave è abbastanza complicato. Ognuna delle certezze costruite nel corso della gara è stata spazzata all’improvviso da un parziale avversario caratterizzato dall’esatto opposto e viceversa. Un esempio è l’attacco di Bologna dei playmaker milanesi, Napier e Hall. Entrambi sono stati individuati come bersagli, seppur non condividano molto dello skillset nella propria metà campo: a eccezione dell’attacco fronte a canestro palla in mano, riservato ai possessi dell’ex UConn, il piano partita di Scariolo è quello di tenere costantemente monitorati i portatori di palla con tagli senza palla dalla punta e isolamenti in post dinamici o statici, innescati al primo passaggio della semitransizione o dopo un ribaltamento di lato. Anche nell’altra metà campo il trattamento è stato simile: anche a costo di difendere 4vs4, Pajola o Hackett (per un possesso del 4° quarto persino Teodosic) hanno l’obiettivo di togliere dall’entrata dei set dell’Olimpia gli handler principali di Messina, costringendo Baron e Shields a un lavoro extra che, in teoria, non dovrebbe competere loro.

Mettere in ghiaccio il pick&roll di Milano

Ulteriore focus dello staff di Scariolo in difesa è la gestione del pick&roll di Napier e Baron: entrambi decisamente undersized, entrambi marcati da esterni abilissimi nel mettere pressione sulla palla e navigare sopra i blocchi, la scelta è quella di fare ICE sui pick&roll laterali e difendere da dietro su quelli centrali. Utilizzando la linea laterale come ulteriore difensore e lavorando sulla linea di passaggio tra la tasca e il lato debole nel primo caso, sfruttando la possibilità di togliere il possesso grazie a braccia più lunghe e mani più rapide nel secondo, il gameplan di Scariolo è quello di togliere la palla dalle mani di entrambi nella specifica situazione e demandare ad altri uomini la creazione di vantaggi palla in mano.

Shavon&Nik da lacrime agli occhi

Se Shavon Shields e Nicolò Melli sono quelli di gara 4, anche e soprattutto nella creazione offensiva come primary ball handler, Messina può sopperire alla mancanza di vantaggi generati dal drive&kick. A differenza di gara3, più che dall’arco è l’8/11 in area a certificare la maggior lucidità offensiva di Shields: abile a trovare sempre il mismatch da sfruttare nella maniera più idonea, il danese del Kansas è parso a suo agio per tutti i 44′ trascorsi sul parquet, facendo passare a Cordinier in particolare un brutto quarto d’ora nella difesa 1vs1. Se Milano è rimasta in partita mentalmente ancor prima che nel punteggio, tuttavia, lo deve in gran parte alla commovente prova del capitano: più degli 11 rimbalzi, più delle 3 stoppate e andando oltre le cattive % del tabellino sono state le responsabilità prese palla in mano a mandare un messaggio forte al resto dei compagni. Se Milano ha bisogno del jumper dalla media, Nicolò Melli può farlo; se serve concludere al ferro uno short roll senza scaricare sul perimetro (egregio lavoro di Cordinier, Shengelia e Ojeleye nel bilanciare aiuto e recupero sul lato debole), Nicolò Melli può farlo; se serve stampare gli esterni della Virtus sui cambi difensivi e punire il mismatch di stazza nei pressi del ferro, Nicolò Melli può farlo. Un lavoro più visibile a occhio nudo del solito, quello del 9 dell’Olimpia, uscito fisicamente devastato dopo 38′ totali sul parquet.

 

Costruzione diversa, stessa conclusione

Che non sia una serie per le uscite dei tiratori è ormai un dato acclarato, sia in casa Virtus che in casa Olimpia: entrambe le difese hanno optato ormai radicalmente per un anticipo della linea teorica a lambire il fianco e la spalla esterni dei bloccanti, sia in situazioni di pin down singolo che di stagger. Il playbook di entrambi gli allenatori, quello di Scariolo ancor più radicalmente, si sono modificati di conseguenza, togliendo gli schemi per le ricezioni dinamiche di Belinelli e Teodosic dal piano partita. Ciò non significa che entrambi non possano trovare altri modi per raggiungere lo stesso numero di conclusioni: Milos conclude 9 volte e distribuisce 8 assist totalmente da situazioni di pick&roll mentre la guardia di San Giovanni in Persiceto, ad esclusione di un blocco orizzontale ad hoc per il possesso finale del 2° quarto, accumula i 18 punti finali da dribble hand off, relocation sul perimetro, tiri liberi o movimenti che si sono visti fare per anni agli Splash Brothers di Golden State. La palla è in guardia sinistra e Belinelli è in angolo destro in transizione, e il capitano virtussino ha la licenza di tagliare diagonalmente il campo per ricevere il consegnato dall’handler per una conclusione immediata, contraria a qualsiasi concetto di circolazione di palla ma accettato di buon grado nella pallacanestro contemporanea.

Rimbalzi

Con buona pace dei coach rimasti ancorati a una visione anacronistica del basket, la Virtus controlla la partita sino a 7′ dalla fine del 4° quarto pur raccogliendo meno rimbalzi di Milano. Alla fine il tabellino dice vittoria Virtus ma 48-46 nel computo delle carambole al ferro per gli uomini di Messina. La reale differenza, tuttavia, è da valutare nella tipologia di parabole discendenti catturate, in particolare dopo un tiro avversario sbagliato: 4 rimbalzi difensivi di Pajola, 3 di Hackett, 3 di Ojeleye e 12 di Cordinier testimoniano un’attenzione da parte di tutti gli uomini dei quintetti di Scariolo nel fare tagliafuori ed evitare che l’Olimpia potesse riciclare lo stesso numero di possessi registrato in gara 3. Dall’altra parte sono i 5 rimbalzi offensivi di Jordan Mickey ad aver rappresentato un ago della bilancia in favore di Bologna: l’ex Khimki è sovente al centro dei dubbi e dello scetticismo degli addetti ai lavori per le posizioni troppo interne nei set offensivi, quando è lui nei pressi del ferro e Shengelia a garantire spaziature sul perimetro che, essendo le triple del georgiano battezzate a occhi chiusi, spesso non si vedono. La prestazione da MVP di gara 4, tuttavia, ha ricordato perché Scariolo sede su quella panchina e tutti noialtri commentiamo dal divano o dalla poltrona.

Locura Olimpia

I due supplementari, diciamocelo chiaro e tondo, non sono avvicinabili a qualsiasi definizione di pallacanestro. Sono qualcosa di faticoso, estenuante, ugualmente emozionante e coinvolgente, ma di certo non pallacanestro. Gli ultimi 6’48” dei regolamentari, invece, condensano tutto ciò che di irrazionale e imprevedibile può vedersi su un parquet pur mantenendo principi di puro basket. Il calo drastico della durezza fisica e mentale di una Virtus che, inconsciamente, pensa di aver già vinto, propiziando una libertà nei tiri presi oltre l’arco che non si era mai sognata di concedere sino al momento; Giampaolo Ricci che domina fisicamente il confronto con Semi Ojeleye per 3 possessi consecutivi e Napier che non solo non subisce l’ennesimo isolamento in post di Hackett ma addirittura lo stoppa; l’ex compagno di Lillard a Portland che, in una serata da 4/18 complessivo dal campo, realizza le uniche 2 triple di serata sulle 10 tentate negli ultimi 71″ del 4° periodo. Ricordandoci perché la pallacanestro è il Gioco più bello del mondo. Grazie James Naismith.

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